America’s Cup World Series: l’afredda cronaca

Dopo molti anni di distanza e con nesssun contatto, mi telefona il Direttore, senza nemmeno salutare.“Ce l’hai ancora a penna e il taccuino?” Devi andare subito ad Aukland, sta per ricominciare la Coppa”.Detto, fatto. Passare dai lunghi mesi ibernato nella campana di vetro di casa all’infinita quarantena neozelandese è semplicissimo, non esiste nemmeno il problema del jet lag.Finito il periodo di isolamento, l’impatto con questo mondo antipodico è oltremodo devastante: tutti sorridono! Nel senso che nessuno porta la mascherina. Il paese è zero covid e razionalmente questo provoca un certo senso di sicurezza, ma al contempo ti senti quasi minacciato. Da buon europeo, senza toccare nessuno, e facendo molta attenzione a non porgere il gomito per non farmi scoprire, mi avvicino al villaggio della Coppa, dove riesco a imbarcarmi per fare un giro su un AC45.La prima cosa da non dimenticare mai è ci si trova a bordo di un’imbarcazione di oltre 22 metri lanciata a 40 nodi, le vele sono enormi, gli sforzi impressionanti, anche se in tv non sembra.

Cosa si prova?Immaginate di guidare un vespino lanciato a tutta velocità su via Nazionale a Roma – una delle strade più dissestate del pianeta – in un giorno di pioggia e senza parabrezza, con nelle orecchie il suono dell’inquilino del piano di sopra che ha deciso di rifare i pavimenti.Sì, perché il rumore è esattamente quello: vi ricordate alla fine del lockdown quando si passò dal silenzio irreale delle città al rombo assordante di tutti i cantieri aperti simultaneamente? Ecco, praticamente in barca c’è la stessa musica, non so come facciano a rimanere concentrati. Ricordo che a quei tempi quando dovevo semplicemente scrivere una mail mi prendevano certi giramenti… Killer attitude, la chiamano.Però le analogie con il mio vespino non finiscono qui.

Sul timone di alcune barche, mentre su altre è a lato del pozzetto, c’è la manopola del gas. Credo serva a controllare l’assetto, tanto che in alcuni casi i timonieri più coatti la routano al massimo per esibirsi in fantastiche impennate, proprio come sulla vespa. Chissà quando li vedremo mettere il bloccasterzo e sventolare le chiavi fuori dal pozzetto con orgoglio sborone.
Da quanto si è visto i più virtuosi al momento sono Team New Zealand e American Magic. Credo dipenda dal fatto che i primi giocano in casa e gli americani siano arrivati molto tempo prima degli altri, avendo modo di comprendere in maniera sottile quanto le ragazze del luogo apprezzino questo genere di prodezze.
Gli italiani, a dispetto della loro fama di disordinati cazzeggioni, in regata sono elegantissimi e le loro coreografie impeccabili, peccato che per mantenere alto lo spirito goliardico del team, ogni giorno, prima dell’uscita, qualcuno si diverte a modificare per scherzo qualche parametro a caso, tipo la regolazione del cronometro delle partenze o l’allarme gps che segnala i confini del percorso di regata, limiti da non oltrepassare mai per non incorrere in devastanti penalità.
Immaginate le risate che si sono fatti a terra nel vedere la faccia di Checco Bruni mentre vanificava il recupero sugli avversari nell’ultima regata delle World Series, per scontare la penalità dovuta proprio allo scherzo di un buontempone.
Checco alla fine l’ha presa bene, tanto che al rientro ha offerto da bere a tutti. Dell’ottimo shampoo, per quel che ne so.
Gli inglesi, fedeli al titolo del loro skipper, il baronetto tuttofare, mantengono un profilo molto basso, tanto che nei pub la sera sono spesso oggetto di scherno e di volgari analogie tra prestazioni di vele e lenzuola.

Ma questo è un altro discorso.

MrM

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